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giovedì 27 settembre 2012

"Scuola dei grandi" - bilancio prima settimana

Ad una settimana dall'inizio della scuola dell'infanzia (per noi la cosiddetta "scuola dei grandi", così da distinguerla dall'asilo) posso dire che le cose stanno andando piuttosto bene.
Da quattro giorni a questa parte Giada si ferma anche per il sonnellino pomeridiano ed è ripartito il tran tran che ci accompagnerà fino a giugno.
Il lunedì, il martedì e il venerdì alle ore 16,30 vado a "ritirarla" io, il mercoledì la nonna P., il giovedì il nonno V.
Fatto.
Finalmente, perchè la chiusura estiva della scuola non è un problema da poco, le ferie non bastano per coprire il tempo delle vacanze estive dei bambini e bisogna attivare tutta la rete familiare e non solo.
Un giorno da uno, un giorno dall'altro, poi quello ha un impegno, allora nelle due ore di buco arriva quell'altro, poi portala di qua, poi di là, poi non c'è nessuno libero e allora prendi un permesso...insomma, un caos.
Che finalmente però è finito e ci riconsegna un po' di equilibrio.
Lei esce di casa volentieri, anche se all'arrivo a scuola di primo acchito manifesta un po' di timidezza, ma subito Manuela, la nuova maestra, riesce a metterla a suo agio e allora entra senza tentennamenti, a volte anche senza salutarmi oppure chiedendomi "Tu vai a lavorare?"
Eh, sì.
Per ora quindi andiamo benino.
Lo dico perchè so che l'inserimento non si esaurisce nei primi giorni, ma anzi è una questione molto più complessa che a volte può durare mesi e che le crisi, chiamiamole così, possono arrivare anche molto più avanti.
Un paio di settimane fa ho scritto un post sull'arcobaleno, dicendo che da qualche giorno lo vedo spesso in casa, riflesso dai vetri, sulle cose.
Ci è capitato ancora, dopo quel post, lo si vede in queste foto.
E nell'osservarlo, e fotografarlo ancora, ho realizzato che la scuola dell'infanzia dove sta andando Giada si chiama "Arcobaleno".
Una simpatica casualità.













Le immagini qui sopra erano di domenica mattina, mentre stanotte qui da noi...tempesta...
...e stamattina, quando siamo uscite di casa, faceva freddo e tirava un vento forte. Si vede?
Ma la mia impavida bambinella non si è fatta spaventare dal rischio di volarmi via sotto gli occhi e ha trovato modo di ghiocherellare ugualmente, saltellando fino all'entrata della scuola.







All'arrivo lei si è subito distratta con una casa di bambole di legno in possesso della sua sezione (si narra che abbia 17 anni ed è un'oggetto splendido!), mentre Richi si è impossessato della molla, senza però mollare il suo Winnie Pooh.

Sembra che stiamo ingranando, quindi.
Personalmente posso dire che essendo io figlia di insegnanti, e avendo una zia cui sono molto affezionata che è stata maestra di asilo nido per quasi tutta la sua vita lavorativa, ho abbastanza confidenza con il mondo della scuola.
La scuola per me è stata una casa.
La mia casa, una scuola.
I miei genitori portavano la scuola a casa, sorpattutto nel periodo in cui erano entrambi maestri alle elementari, prima che mio padre ottenesse il trasferimento presso una scuola superiore.
A casa programmavano, discutevano, correggevano compiti, studiavano, creavano progetti per i bambini delle loro classi, con grande entusiasmo e amorevolezza.
Contemporaneamente la zia Patty rientrava dal lavoro con aneddoti tenerissimi sui suoi bimbi all'asilo e io mi perdevo nei suoi racconti chiedendole di ripetermeli all'infinito...ancora oggi io conosco deliziose storielle di bambini, oggi diventati adulti, che spesso mi capita di incontrare o con cui ho a che fare per motivi di lavoro, e mi viene da sorridere ripensando alle loro "gesta".
Forse per questo, come ho scritto qui, per me inserire Giada all'asilo nido due anni fa e inserirla oggi alla scuola dell'infanzia, non ha comportato tensione o agitazione.

Mi rendo conto che la mia esperienza è particolare, e che lavorando così vicina all'asilo è anche naturale che io mi senta tranquilla (anche se non credo che se il mio lavoro mi portasse lontano sarei più agitata o preoccupata).
Ho sempre cercato di accompagnare Giada in questo percorso con grande entusiasmo, prima all'asilo nido e oggi alla scuola dell'infanzia, parlandogliene molto anche nei giorni precedenti, raccontandole che lì avrebbe trovato tanti bambini, delle maestre simpaticissime e gentili, tantissimi giochi nuovi diversi dai suoi, che avrebbe mangiato cose buone e che era tanto fortunata a poterci andare e che avrei tanto voluto andarci anche io, ma che purtroppo non potevo perchè dovevo andare a lavorare.
Che comunque poco dopo sarei tornata a prenderla e che avremmo fatto tante cose belle insieme, da raccontare agli amici e alle maestre il giorno dopo.
Il motto era, ed è, "W l'asilo".
Sempre.
Mi sono trovata in certi momenti anche a mimare una specie di "OLA" che inneggiava all'asilo (lo faccio ovviamente quando siamo sole in casa, perchè mio marito mi compatisce già abbastanza:)) che la fa molto ridere, e che credo ottenga il risultato desiderato.
Non conosco senso di colpa per questa cosa.
Anzi, credo che lo avrei di più se le negassi l'opportunità di vivere quest'esperienza e la tenessi a casa con me tutto il giorno, tra una lavatrice e l'altra, mentre cucino, passo l'aspirapolvere o devo stirare.
Gli stimoli che le insegnanti possono offrire sono di gran lunga più strutturati e formativi di quelli che siamo in grado di dargli a casa.
Certo, loro lo fanno di mestiere, hanno classi con venti bambini e non arriveranno mai a conoscere i nostri bimbi come li conosciamo noi, ma sono professionalmente preparate ad educare e, spesso, si affezionano tantissimo riversando nel loro lavoro componenti umane e affettive potentissime.
Ho già detto che ho la grandissima fortuna (qualcuno a commento del post "diventare grandi" ha parlato di c..., in effetti è così!) di lavorare per alcune ore la settimana al piano di sopra dell'asilo frequentato da mia figlia.
Quando i bambini sono in giardino e li sento "vociare" a volte mi affaccio a guardarli.
L'anno scorso, mentre li osservavo dall'alto ho assistito alla seguente scena: Giada stava giocando nel prato quando il suo sguardo si è incrociato con quello di Elena, una delle sue maestre.
Si sono guardate (io vedevo in volto solo la bimba, ma era evidente che Elena stava al gioco) e una frazione di secondo dopo Giada ha cominciato a correre verso di lei che l'ha presa al volo, se l'è tirata in braccio e le ha dato un bacio.
Ora, Elena non sapeva che io in quel momento io le stavo guardando.
Questo gesto è stato naturale, genuino, autentico.
Se lo ha fatto con Giada le sarà capitato di farlo anche con tutti gli altri bambini.
Questo mi ha rasserenato ulteriormente.
Penso che sia una delle più belle esperienze che si possano regalare ai propri figli.

2 commenti:

  1. Questo dovrebbero capirlo tante mamme che non vogliono staccar si dai figli, perché "le maestre non li trattano bene"... Forse non li viziano abbastanza come fanno loro...

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    1. Lasciare i propri figli non è una cosa facile, ma credo che renderli autonomi sia importante e un bene, soprattutto per loro...

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